Credo di aver rimandato fin troppo a lungo questo momento. Alla fine mi sono deciso: apro il miononprimo blog personale. – Christian Pergola
Le parole che avete appena letto rimbombano nella mia testa da alcuni anni. Finalmente sto scrivendo la stesura finale di questo mio non-primo articolo di questo mio non-primo blog. E ripeto, la sua pubblicazione è stata rimandata davvero per troppo tempo.
Allora, iniziamo le danze: un caloroso benvenuto a tutti e a tutte nel mio non primo blog!
Prima regola di una presenza digitale: muoviti e parti!
In questo momento mi tornano alla mente tutte le volte in cui mi sono apprestato a realizzare il mio sito personale: registra il dominio, paga l’hosting, installa Filezilla, installa WordPress, acquista il template per non dover impazzire con il codice da zero, installa i plugin, prendi a pugni la tastiera perché non funziona mai nulla come promesso nella preview (che per inciso, sei te che ti sei dimenticato puntualmente come fare le cose ripartendo daccapo per l’ennesima volta). Le solite cose, né più né meno.
Insomma, dai, dopo anni di installazioni, siti cestinati e idee cambiate, forse adesso è il momento giusto per smetterla di perdere tempo e mettere definitivamente nel cassetto la procrastinazione compulsiva, la sindrome del truffatore e quella cosa che è il contrario dell’effetto Dunning-Kruger, ma ora non mi viene in mente il nome e magari torno a inserirlo in un secondo momento.
O forse no, perché ho riletto questo paragrafo e mi piace così com’è.
Ecco: ci siamo. Tieniti forte e continua a leggere, perché i SEO expert che si aggirano per la Rete mi hanno consigliato di inserire frasi come questa. Per rendere la lettura più scorrevole. E creare hype.
Sei pronto a leggere quello che ti aspetta nelle prossime righe?

Ha ancora senso aprire un blog negli anni '20 del XXI secolo?
Allora, lo so che ne hanno già parlato tutti i guru del marketing e della comunicazione esistenti in questo mondo – e chissà – anche in altri universi paralleli. E che puntualmente ogni blog inizia con la tipica frase “ha senso aprire ancora un blog nel 20xx”?
Ecco, non ho provato a googlare ma certamente ci sarà qualcuno che si sarà posto questa domanda anche negli anni ’90. Siamo nel 2021, ormai ci siamo fatti le ossa.
Diciamolo chiaramente: ha sempre dannatamente senso aprire un qualsiasi spazio proprietario. In qualsiasi momento e in ogni forma possibile: testuale, audiovisiva, audio e visiva.
- Per spazio intendo un luogo dove raccontare e raccontarsi, curare la proprioa immagine, raccontare chi si è e chi si vuole essere. Far sapere a Internet e alle persone nel resto del mondo della nostra esistenza.
- Per proprietario intendo che quello spazio ti appartiene. Sei tu ad averne il controllo completo .Sei tu che decidi cosa fare e cosa non fare, cosa far vedere e cosa no. E questo a prescindere da quello che accadrà tra cinque, dieci, venti o cento anni allo spazio in cui stai creando e pubblicando il contenuto. Il dominio appartiene all’autore che lo esercita nelle forme e nei limiti concessi dall’Internet Service Provider.
Ecco perché uno spazio proprietario è oggi più che mai fondamentale.
I social media nascono, crescono, perdono crescita organica e muoiono. Inoltre, su un sito personale non è un algoritmo a decidere per te e non sei nemmeno vincolato dai diktat e dalle regole formali e sostanziali del medium. A tal proposito, Marshall McLuhan direbbe che «il medium è il messaggio».
Certo, non che un blog non sia esente da queste regole. “Ok, Google”, vedi di indicizzare comunque questo articolo, altrimenti poi non lo trova nessuno.
Siamo pur sempre quello che comunichiamo
Sto per esprimere un concetto un po’ difficile. Ma niente di inafferrabile. Partiamo da queste due vignette.


Credo che un blog personale sia il miglior spazio dove poter coltivare una presenza digitale ed esercitare in maniera ragionata la propria identità digitale.
A proposito di identità, tempo fa ho letto un ottimo libro di Luciano Paccagnella e Agnese Vellar. Dal testo ho ripescato la giustapposizione delle due vignette che vedete qui sopra. Rappresentano in modo brillante il passaggio dall’era dell’anonimato e del cyber-ottimismo all’era dei big data, dei social media, degli algoritmi di personalizzazione e del cyber-pessimismo.
Paccagnella e Vellar sottolineano appunto che «al centro di questo processo vi è il concetto della rappresentazione dell’identità online» (Paccagnella L. e Vellar A. 2016, p.21).
La storia è sempre la stessa, quella tra apocalittici e integrati. Resta però una questione dirimente e di primaria importanza: a prescindere dai cambiamenti del cyberspazio e delle tecnologie che lo popolano, ciò che conta davvero è chi vogliamo essere (per noi e per gli altri) e che tracce vogliamo lasciare del nostro passaggio. Parlo soprattutto delle tracce consapevoli.
Ed è qui che un blog diventa uno spazio fondamentale per essere trovati, scoperti e seguiti.
Per generare nuovi contatti lavorativi, professionali, sociali e culturali.
Per dare valore e restituire un minimo di quel valore che si è ottenuto dagli altri negli anni. Per lavoro o per hobby. Per dovere o per passione.
In ogni caso, esserci non è più un’opzione di se o di ma. Nei prossimi anni – ed è così ormai da molti anni – il semplice passaparola non sarà più sufficiente per un professionista o aspirante tale.
Il passaparola sta nell’aria e nella mente delle persone. Un contenuto di valore, invece, rimane su Internet e su un blog in maniera sempre accessibile: dovunque e ovunque, in qualsiasi momento.
L'importanza di avere una presenza digitale
Durante la mia laurea triennale sono venuto a conoscenza di una delle teorie più importanti della Rete.
Si tratta della teoria che sta alla base del successo dei grandi player digitali e anche dei piccoli imprenditori digitali. Sto parlando della cosiddetta Teoria della coda lunga (The long tail), formulata da Chris Anderson nell’omonimo articolo.
Credo di aver già messo molta carne a fuoco in questo articolo, quindi la semplifico in poche parole: il vero successo sta nelle nicchie e nella quantità di contenuti pubblicati nel tempo.
Il mio è appunto un obiettivo a lungo termine. Tra una decida di anni voglio riguardarmi indietro, rileggere questo articolo e ringraziarmi per aver dato inizio alla mia coda lunga personale.
Se avrò avuto ragione e se sarà stato costante, sarà soltanto il tempo a poterlo dire.
Annotazioni
Un po’ di letture consigliate a margine, da cui la mia mente ha ripescato alcuni concetti che ho sparpagliato per tutto l’articolo. Perché ciò che sappiamo, e ciò che siamo, è sempre il frutto di quello che leggiamo. E di ciò che gli altri ci hanno insegnato nel corso della nostra vita.
- Paccagnella L. e Vellar A. (2016), Vivere online. Identità, relazioni, conoscenza, Il Mulino, Bologna
- McLuhan M. (1964), Understanding Media trad. it. Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1997
- Tryon C. (2013), On-demand culture: Digital delivery and the future of movies, trad. it. Cultura on demand. Distribuzione digitale e futuro dei film
- Eco U. (1964), Apocalittici e integrati: Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Bompiani, Milano